Qualche anno fa abbiamo pubblicato questo articolo del dott. Pino Sforza – Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale di Piove di Sacco, ci sembra per l’attualità dei fatti e per l’importanza che riveste nella pratica sportiva imporrante ripubblicarlo e metterlo all’attenzione di tutti i lettori di Tennis-Time.
Il dott. Pino Sforza, cardiologo e appassionato di tennis, oltre che giocatore, in questo articolo ha affrontato un argomento non dei più facili e neppure dei più piacevoli, ma per tutti la morte improvvisa nello sport rimane una grandissima incognita. Ricordiamo che i defibrillatori devono essere obbligatoriamente presenti all’interno delle società sportive, come prevede il decreto legge n.158 del 13 settembre 2012.
Vediamo quindi come uno specialista affronta l’argomento.
La morte improvvisa in un soggetto giovane, o magari un atleta, soprattutto se di alto livello agonistico, viene accettata con molta difficoltà, ma la di là di ogni ipotesi, rimane un fenomeno che va analizzato e trattato con attenzione, organizzazione e competenza.
Definizione
La MI è definito come il decesso che interviene istantaneamente o entro un’ora al massimo dell’episodio della sintomatologia. Molto spesso si verifica in soggetti in apparente stato di buona salute e nello sportivo riconosce un rapporto diretto causa – effetto con l’attività sportiva. Un dato curioso riguarda il fatto che la MI nello sportivo è più frequente nelle competizioni ufficiali (79%) che negli allenamenti (21%), anche se, in realtà, i secondi occupano molto più tempo delle prime. Per effetto dei controlli viene escluso dalle competizioni il 2% degli atleti. L’Italia è all’avanguardia nella prevenzione della MI nell’atleta rispetto agli altri paesi europei e del Nord America.
Epidemiologia
La MI nella popolazione generale è poco frequente, ed ancor meno nella popolazione degli sportivi dove l’incidenza di MI non supera l’1-2% del numero globale di tutte le morti improvvise (0,7/100.000/abitanti/anno). Gli sportivi più colpiti sono quelli di più basso livello (80%).
Cause
“… nessun caso del MI può essere attribuito all’effetto di un esercizio fisico, ancorché strenuo, su un cuore sano. Per tale motivo, la MI di un atleta presuppone il concorso di almeno due fattori fondamentali: l’esercizio fisico di intensità significativa ed un substrato patologico, generalmente di natura cardiovascolare …”.
I substrati del MI nello sportivo sono in larghissima parte costituiti da cardiopatie o anomalie silenti. Nei soggetti di età superiore a 35 anni morti improvvisamente durante attività sportiva, il substrato che si incontra più frequentemente all’esame autoptico è l’aterosclerosi coronarica (oltre l’80%); placche di colesterolo all’interno delle coronarie che durante lo sforzo possono “fessurarsi” e trombizzarsi (si forma su di esse un coagulo di sangue) ostacolando così il flusso di sangue alle cellule cardiache di quella zona. Ne consegue un infarto acuto del cuore che, come complicanza più severa, può provocare un’aritmia (generalmente la fibrillazione ventricolare) fatale.
Nei soggetti al di sotto dei 35 anni si riscontrano più frequentemente anomalie congenite dell’origine e del decorso delle arterie coronarie e miocardiopatie (malattie del muscolo cardiaco) che in questa fascia di età sono spesso di origine genetica.
La cardiomiopatia ipertrofica è una malattie ereditaria, familiare, caratterizzata da un aumento marcato dello spessore delle pareti cardiache, da evidenti alterazioni all’elettrocardiogramma e da gravissime aritmie ventricolari che risultano talora fatali. Nel nostro Paese i portatori di questa patologia vengono riconosciuti con facilità perché l’ECG è obbligatorio (a differenza di altri Paesi) per ottenere l”idoneità sportiva.
La cardiopatia aritmogena del ventricolo destro è la causa più frequente di morte improvvisa nello sportivo (23%) e talora risulta molto insidiosa perché nei casi iniziali non causa una modificazione dell’elettrocardiogramma.
La sindrome di Brugada, patologia potenzialmente mortale, è riconoscibile per la presenza di alterazioni tipiche all’ECG.
La miocardite costituisce il 5-10% delle morti improvvise negli atleti. E’ un’infiammazione del cuore a decorso talora silente, dovuta nella maggioranza dei casi ad un virus. Per questo motivo gli sportivi, soprattutto i più giovani, devono osservare un adeguato periodo di riposo dopo una malattia infettiva.
E’ pertanto assolutamente indispensabile che gli atleti di alto livello vengano attentamente monitorati durante l’attività agonistica e che si sottopongano ad accurati controlli clinici ed alla visita di idoneità sportiva condotta con molta scrupolosità.
Quando tuttavia episodi di perdita di conoscenza e/o morte improvvisa accadono in luoghi dove si svolge una competizione sportiva, dovrebbe esserci del personale (anche laico, cioè non necessariamente infermieristico o medico) della struttura ospitante l’evento, capace di condurre una rianimazione cardio polmonare (RCP) e di usare uno strumento che potrebbe risultare fondamentale per salvare la vita a chi in quel momento è vittima di un arresto cardiaco: il defibrillatore semiautomatico (DAE).
Cos’è un DAE
E’ un dispositivo computerizzato, estremamente sicuro ed affidabile, che spiega come intervenire in caso di arresto cardiaco. In genere l’arresto cardiaco riconosce due cause: 1) la fibrillazione ventricolare, la causa più frequente (80%), 2) l’assistolia (20%). Di questi due eventi solo la fibrillazione ventricolare è riconosciuta dal DAE come un “ritmo defibrillabile” e quindi che necessita dell’erogazione di una scarica da parte del defibrillatore che riconosce l’indicazione all’erogazione della scarica e comanda al soccorritore: scarica indicata, allontanarsi tutti!!!
L’asistolia non essendo un ritmo defibrillabile non ha indicazione all’erogazione della scarica ed il DAE comanda al soccorritore: procedere con la RCP!!!
Questi apparecchi sono utilizzabili da chiunque (anche da personale laico) abbia effettuato un opportuno training addestrativo in strutture riconosciute abilitate a farlo ed un periodico re-training (ogni sei mesi).
Il DAE è uno strumento estremamente semplice da utilizzare: analizza autonomamente il ritmo cardiaco del paziente (svincolando il soccorritore laico da ogni responsabilità di ordine medico – legale) e determina se è necessaria l’erogazione di uno shock. Le istruzioni vocali guidano il soccorritore durante l’esecuzione delle procedure di RCP.
La maggior parte dei modelli ha due pulsanti: uno per l’accensione/spegnimento e uno per l’erogazione dello shock. Il soccorritore deve solo applicare gli elettrodi adesivi sul torace del paziente e in caso di richiesta da parte del DAE di erogazione di shock, dovrà premere il pulsante lampeggiante di erogazione dello shock. Il DAE è uno strumento così sicuro che se, anche in assenza di indicazione all’erogazione dello shock si preme accidentalmente il tasto di erogazione della scarica, la medesima non viene erogata. La sicurezza e l’affidabilità di tali strumenti è garantita da un controllo (da parte del personale addetto) che dovrebbe essere giornaliero o almeno settimanale, onde assicurare sempre la perfetta funzionalità. Le dimensioni ridotte ed il peso contenuto fanno sì che i dispositivi siano facilmente trasportabili; i DAE hanno inoltre la possibilità di raccogliere i dati ECG e/o registrare l’audio ambiente in una memoria interna o in una memory card estraibile, in modo di avere una testimonianza dell’intervento soccorso. Per l’utilizzo sui bambini di età compresa fra 1 e 8 anni devono essere utilizzate piastre pediatriche.
(a cura del dott. Pino Sforza – Unità Operativa di Cardiologia – Ospedale di Piove di Sacco – Padova)
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